TUTTI I NEGRI DEL MONDO
(incluso il taccheggio dal poeta turco Ceyhun Atif Kansu)
di Serkan Engin
(traduzione di Ivan Pozzoni)
“Portatemi i negri, tutti i negri del mondo.
Solo loro portano la mia bara”.
Le ultime parole del bambino di strada Selami...
Intendo tutti i negri del mondo.
Portate qui tutti i negri.
Non solo quelli con la pelle nera.
Portatemi tutte le persone sminuite,
intendo tutti quelli ignorati
“i figliastri di Allah"¹,
sul cui volto il dolore
sventola come una bandiera.
Giurerò, un ultima volta, sul capitalismo e te
e manderò affanculo questo dannato pianeta.
Intendo tutti i negri del mondo.
Portate qui i negri di strada
che sono scritti sul quaderno della vita
come un errore di ortografia,
che sono stati espulsi
dal ventre delle loro madri.
Quelli che vengono curati con le botte
irrorati dalle offese
nel giardino scuro, e scuro, dell'Arabesque
di cui ricordiamo la storia
con sillabe sparse.
Portatemi quelle che dicono “Amami con la mia colpa”².
Portatemi quelli che dicono “L'amore ha fottuto mia madre, baby”³.
Intendo tutti i negri del mondo.
Portate qui i negri delle costruzioni edili
con i loro sogni adagiati in terra straniera
alcuni sferruzzano il loro ricongiungimento lettera su lettera
alcuni ignorati dai magnaccia con la cravatta.
Portatemi i negri che puliscono le scale
le sorelle maggiori, eroine, con i palmi delle mani
barricate dalla fame
ala d'aquila sui loro cuccioli.
Voglio dire tutti i negri del mondo
i negri massacrati, metabolizzati, esiliati.
Portatemi tutti gli uccelli del dolore massacrati in Kurdistan.
Tutte le lettere insanguinate esiliate da Dersim nel 1938.
Anche chi ha compiuto il genocidio nel 1915.
Portatemi le montagne che zittiscono il passato
in armeno, assiro e greco.
Intendo tutti i negri del mondo.
Sono un figlio di troia.
Ho graffiato i miei dolori sul diario di bordo del cielo
ma a nessuno frega un cazzo
anche se urlo di dolore.
Quanti muri fatiscenti
stanno rabbrividendo dentro me
quante volte l’atlante tarchiato del mio nome
è stato danneggiato.
Voglio dire a tutti i negri del mondo:
questa merda con cui riempio il mio vaso
per ritardare il dolore
stavolta è finita in overdose
ma io vivo nella maledizione di tutti i negri, se non riuscite a vedere
un giorno tutti i negri costringeranno padroni
e oppressori a rendere conto.
Sono stato affamato di tonnellate,
sono stato un bastardo in queste strade
tutte le notti urticanti e i cani randagi lo sanno molto bene
anche mia madre ha pietà di me
solo i passeri cercano il luogo della mia tomba.
Sono nato una volta ma sono morto innumerevoli volte
ogni giorno nel vostro mondo crudele.
Fanculo il vostro capitalismo, il vostro desiderio di avere.
Me ne vado affanculo, facendo del mio dolore uno specchio
per la vostra coscienza oscura.
Basta! Adesso copritemi di scadente carta da giornale
il comune seppellisca il mio cadavere barbone.
Portate qui tutti i negri.
“I figliastri di Allah”¹: Yilmaz Odabasi (Kurdish poet)
“Amami con la mia colpa”²: Orhan Gencebay (Turkish singer)
“L'am
ore ha fottuto mia madre, baby”³: Serkan Engin (Laz-Turk poet)
Comments
Post a Comment